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Ai cancelli del flusso raccoglie, filtra, rivive il passato poetico dell'autrice e lo proietta verso una ricerca più libera e imprevedibile. Anche in questo caso i testi sono privi di titolo e vengono identificati da un numero: segno di un processo di spersonalizzazione e di perdita di identità testuale che porta ad un abbattimento delle barriere che limitano l'espansione del senso. E di fatto anche lo statuto semantico dei testi è ben diverso da quello della prime tre raccolte e appare più affine a quello di Logo visioni. La logica che regge la tessitura dei possibili significati delle poesie è contemporaneamente più ermetica e più elastica. Il senso si avviluppa e si espande nelle pieghe comprese tra le parole e gli spazi bianchi, senza chiusure, senza barriere né argini. Come una "prima cellula ovulata / che sguscia fuori da sé / nei trasferimenti allusivi della catena metonimica / rinvio da qualcosa a qualcos'altro / a qualcos'altro a qualcos'altro".
Catena metonimica, appunto, non metaforica, in cui si parte da uno spunto reale (la notte, gli insetti, la risata conseguente ad una battuta) e si raggiunge una rete di analogie e di percorsi di senso inediti. Catena metonimica imposta da una realtà in cui "la fantasia si spiaccica in fretta / sbrodola e sgocciola per terra". Poesia che prende corpo in un mondo in cui i significati sono talmente codificati e prevedibili da imporre un necessario cambiamento di rotta, che si orienta in direzione di una nuova modalità di porre i rapporti tra il significante e il significato del segno verbale. Così talvolta i pronomi non hanno referenti pragmatici precisi, ma rimandano ad un'entità imprecisa e indefinita, la cui definizione è tanto relativa da spingere l'autrice a parlare di "identità circolare": identità quindi priva di punti di orientamento, di ogni possibile geometrizzazione del proprio spazio semantico, caratterizzata unicamente dal fatto di essere una forma in perenne stato di dinamismo e non limitabile all'interno di un universo razionale e cartesiano. Le parole diventano cose, tanto che il compito di trasmettere stati d'animo non è più affidato alle parole stesse, ma agli oggetti, e spesso a parti, porzioni, segmenti di oggetti, tanto da originare una sorta di "estetica del dettaglio" che trova la propria manifestazione in queste poesie. Parola spesso bloccata in un'immobilità da immagine fotografica, che sottrae l'espressione al divenire del tempo, alla storia e la lascia vagare in un gioco di rimbalzi infiniti "tra coscienza e idea". In quest'ottica, anche il lessico, che presenta fenomeni simili a quelli notati nelle prime tre raccolte, si carica di una connotazione diversa.

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