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Non
si tratta più semplicemente di aprire i cancelli della poesia a
qualunque livello, registro e sottocodice verbale. Parole e locuzioni
come "motofrenia", "impianto paradigmatico", "palinsesto",
"coibentata catodica", "antimateria", "calo del
tasso d'interesse", "appropriazione indebita", "soluzione
di continuità", "permanenza retinica", "traboccanza"
appaiono come molecole di un tessuto linguistico in cui si è aumentata
l'entropia per combattere l'ingessamento del senso comune, particelle
tenute insieme semplicemente da una sottile "membrana dell'inquietudine".
Linguaggio le cui parti si cercano, si inseguono, si collegano provvisoriamente,
si intrecciano secondo le più varie modalità, senza per
forza essere vincolate a rapporti sintattici e di vicinanza, dato che
anche a livello espressivo il contesto rivela che "si sono perse
le tracce della tribù": vuoto di rimandi che non porta all'afasia,
ma al contrario riassembla i reperti-parole per ricreare il senso vero
della lingua. Ed il compito di trasmettere questa sensazione di libertà
semantica, di ricercata disarticolazione del senso, è affidata
spesso al livello fonetico della parola. Non contano più tanto
i significati, come si notava, quanto piuttosto i significanti, e di questi
viene evidenziata la componente di superficie, orale, evanescente, musicale,
asemantica, costituita dai suoni. Ecco dunque nascere giochi fonici, basati
sull'allitterazione, sulla paronomasia e sull'iterazione, che danno l'impressione
di un balbettamento sperimentale e creativo, come in dieci: "per
farlo sentire appropriato / faccenda impropria / come un sovrapporsi ...
il proprio / più appropriato / se voleva appropriarsi di sé";
oppure in dodici, dove la superficie fonetica delle parole crea un meccanismo
sospeso tra la ridondanza e la figura etimologica: "ho puntato una
punta"; in tredici, dove i suoni si materializzano in parole che
rimbalzano tra loro in un gioco di specchi che produce un chiasmo suggestivo:
"non si fissa niente / e il niente si fissa"; in quindici, dove
i suoni delle parole creano un'insistenza sulla rima dall'effetto ipnotico
e ossessivo: "ragioni e decifrazioni / esclusioni correlazioni consultazioni
/ definizioni / banalizzazioni"; in sedici, dove addirittura si gioca
con i suoni e i significati, in una fusione lessicale inedita: "sezione
viva / vivisezione". Finché tutto questo trova la sua esplicitazione
più palese e piacevolmente eccessiva in trentotto, con quello "scricchiolio
... scricchiolare ... cri--cchiolare" che si risolve un un'onomatopea
impalpabile: "SSSSSS" e che è quasi un invito al silenzio,
sola dimensione in cui i significati sono ancora reperibili e in cui la
dialettica tra la chiusura dei "cancelli" e il dinamismo del
"flusso" trova una possibile soluzione.
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DIVERSO INVERSO
UNA X UNA
AI CANCELLI DEL FLUSSO
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