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File di poltrone vuote, un grande schermo e un solo spettatore di
spalle.
L’ha dipinto Hopper… e allora dobbiamo pensare alla solita
rappresentazione della solitudine? Sembra inevitabile: i suoi scorci di
case isolate, sospese fra un nulla desertificante, che tanti spunti
hanno offerto all’opera dei registi suoi contemporanei, i personaggi
immersi in inquietanti attese dietro le vetrate dei bar, decine di opere
in cui c’è sempre qualcuno che aspetta non si sa cosa, ma questa è la
meraviglia, ognuno può immaginare ciò che più gli piace. Anche di andare
lì a prendere per mano quell’essere sconosciuto, tiralo fuori dalla
tela, interrogarlo per sapere che cosa lo tormenta.
E quello spettatore isolato che guarda lo schermo, c’entra con la
solitudine? Forse no: ma ama tanto il cinema da volersi godere un film
senza esser disturbato. Si è stufato di storcere il collo perché
qualcuno troppo alto si è seduto davanti a lui, gli dà fastidio il puzzo
del popcorn, non sopporta i sussurri di chi commenta, gli scricchioli
dei sedili… Vuole solo immergersi nella storia che gli scorre davanti,
farla propria, aspettare come ha proposto W. Allen che i personaggi
scendano dallo schermo, lo coinvolgano intimamente nelle loro vicende e
diventino parte della sua vita.
Hopper forse desiderava solo questo: una cinema tutto per sé e non
potendolo avere se l’è dipinto. |
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![]() Carla Paolini è anche su Facebook ultimo aggiornamento 07-03-2025 |