TRANSLALIE
LA PENNA
La mia penna si sta snaturando...
Si ribella, stride, graffia, lascia delle tracce
incomprensibili o si impenna ostinatamente. Se non la conoscessi
penserei che fosse insidiata dallo
spettro maligno dell’inettitudine.
Si lavorava insieme,
almanaccando storie
e
questa mutazione
è un guasto
all’umore. L’ho sempre sentita complice, una protesi che mi
combaciava, ma da un po’, quando la stringo, raccolgo delle
vibrazioni enigmatiche: di sicuro sono messaggi, vuole dirmi
qualcosa e lo fa con l’eleganza anoressica del suo corpo. Cerco di
potenziare le
osservazioni e
annoto sempre nuovi sintomi…
Sul mio
tavolo, fra gli oggetti
che
sgomitano per trovare posto, il computer aspetta di venire attivato
e
quando mi capita di
appoggiarla lì vicino
scivola e si lascia cadere.
Più che un gesto suicida, sembra una richiesta di
attenzione. La raccolgo e la
rimetto
su, come si fa
quando
i bambini
lanciano via dispettosamente gli oggetti.
I segnali di ripulsa continuano… ho il sospetto che
tenti di farmi
rinnegare
questa
scrittura da
amanuense pasticciona per spingermi
verso la tastiera del computer.
Incredibile! Ha deciso di sacrificarsi per
permettermi di sfidare il
nuovo
che avanza...
Tanta abnegazione va oltre ogni congettura, è troppo
coinvolgente perchè
possa
svicolare.
Conto di affidarmi a quel tecnico così solerte, che
mi pungola perché aggredisca
i
rudimenti
dell’informatica: che ne avrei grandi vantaggi e il mio lavoro,
rigenerato, acquisterebbe
scioltezza e incisività.
Devo farlo! Questa penna, incontenibile, trascinante
continua a tremarmi inquieta fra le dita
e non me la sento di deluderla.
RIPENSAMENTI
Cosa cerchi di dirmi? Tutto raggrinzito,
ripudiato, ficcato in un angolo... Li sento i tuoi crepitii
come di ossa infragilite, che tentano di commuovermi.
Sei infastidito dalla piega che sta
prendendo il nostro rapporto: l’incontro prometteva scintille, ci
sentivamo fatti l’uno per l’altra, c’era una bella coesione di intenti,
ma ho cambiato idea. Datti
pace, quel che ho scritto sulla tua faccia non mi conviene più.
Vuoi che mi giustifichi, che chieda scusa?... non ci contare!
Dovresti conoscermi, mi capitano questi ripensamenti, non so fare ordine
nelle mie contraddizioni, sono preda di un’oscillante indeterminatezza e
anch’io fatico a tollerarmi. C’è un continuo andirivieni nella mia testa
di intenzioni, proponimenti, mire troppo alte da tirare avanti con le
mie forze e la fame di
equilibrio mi logora.
Cartoccetto caro, sono sgarbata,
intransigente e me la prendo con te. Ti tengo
in disparte, un po’ strapazzato ma ancora utilizzabile: non sei
finito nella raccolta differenziata e non è escluso che, quando la
visione che vorrei
completare sarà meglio
delineata, non venga a raccoglierti. Mi accoccolerò vicino a te,
spianerò le grinze che ti hanno fatto patire, rileggerò le parole che
conservi... chissà che il tempo non le abbia rese
assolute, taglienti,
dotate di sulfurea introspezione, adatte a essere
impiegate per qualcosa che allora non aveva posto nelle mie
intenzioni e ora mi piace riconsiderare.
Non vale fare promesse, nè offrire
garanzie, siamo tenuti a imparare il gioco dell’abbandono,
ma anche quello di ritrovarci... non importa quando.
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